00 17/01/2015 07:44
Il documento è stato pubblicato su Reviews in Fisheries Science & Acquaculture
La pesca sportiva praticata per divertimento ha un impatto significativo sulla popolazione ittica del Mar Mediterraneo. Si tratta di conseguenze importanti che coinvolgono sia le specie di pesci catturati, sia l’ambiente. Per questo motivo andrebbe regolamentata meglio e sottoposta a vincoli più precisi.

Queste considerazioni sono il frutto di una meta analisi di 24 studi pubblicati negli ultimi anni relative a 15 aree marine situate in: Spagna, Italia, Turchia e Francia, svolta dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Girona, in Spagna. Il documento pubblicato su Reviews in Fisheries Science & Acquaculture stima che il 10% della popolazione adulta dei paesi industrializzati pratica la pesca come passatempo, tanto dalle barche o sulle sponde, quanto sott’acqua. Ciò si traduce in un prelievo significativo per le specie più piccole, variabile dal 10 al 50% del totale.

In assenza di controlli e di vincoli, gli effetti si notano soprattutto per le specie a rischio. Delle 46 specie più comuni oggetto della pesca sportiva, 45 sono più o meno minacciate di estinzione, o comunque considerate molto vulnerabili. Il maggior numero di specie (fino a 65) viene pescato dalle barche, mentre la pesca subacquea è più selettiva (31 specie). Entrambe le modalità contribuiscono a sottrarre, in peso, una quantità maggiore rispetto a quanto non avvenga dalla pesca sportiva fatta a riva.

Ma il danno non è soltanto quello diretto. Secondo gli Autori sempre più spesso vengono impiegate esche vive non autoctone composte da molluschi esotici come le polychete e i vermi sipunculidi (ne sono state identificate almeno 11) . Queste esche potrebbero riprodursi apportando un ulteriore squilibro in un mare già messo a dura prova, e trasformarsi in veicolo di infezioni (per esempio da virus) contro le quali i pesci residenti non hanno difese.

Le confezioni spesso contengono plastica, nylon, e piombo: tutti contaminanti marini che, in proporzioni più o meno rilevanti, possono essere dispersi e andare ad aggiungersi agli altri già presenti, con gravi conseguenze per tutto l’ecosistema, uccelli marini compresi. Infine, c’è anche la questione di ributtare a mare specie pescate, ma non ritenute commestibili o diverse da quelle cercate, fenomeno di entità minore rispetto alla pesca professionale, ma non trascurabile. Per questi motivi, gli Autori chiedono un monitoraggio più stringente sulla pesca sportiva e l’adozione di regole sui materiali usati e le specie più a rischio. Occorre stabilire periodi nei quali si può praticare la pesca e fissare delle dimensioni minime dei pesci catturati, e delle regole rigide sul tipo di esche utilizzabili.

La pesca è sportiva è in aumento mentre la situazione del Mediterraneo risulta tutt’altro che tranquillizzante. È giunto il momento, sempre secondo gli Autori, di inquadrarla in un contesto complessivo di tutela e difesa del mare.

Fonte: www.ilfattoalimentare.it/pesca-sportiva-mediterraneo-pe...



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Luciano